ARCIPELAGO PUTIN

L’ombra dei rapporti ambigui con la Russia di Putin inseguirà Donald Trump per tutta la durata del suo mandato, se non addirittura ne segnerà la carriera politica in caso di procedura di impeachment. In questi giorni, il New York Times ha rivelato che l’FBI attraverso il suo controspionaggio avrebbe indagato sulla vicenda subito dopo il licenziamento del direttore James Comey avvenuta nel maggio 2017.

Il sospetto è che, con l’allontanamento di Comey, il Presidente abbia voluto bloccare ogni ulteriore indagine sulle presunte interferenze russe nel voto presidenziale del 2016. Una vicenda da spy-story che Craig Unger ha racchiuso in un libro avvincente Casa di Trump, casa di PutinLa storia segreta di Donald Trump e della mafia russa– (edito da La nave di Teseo). La tesi di Unger viene esplicitata fin dalla prima pagina: Trump è l’uomo di Putin alla Casa Bianca.

L’excursus dell’autore parte da lontano. Trump sarebbe stato compromesso dai russi quand’erano ancora sovietici. Si rievocano i primi contatti d’affari risalenti addirittura al 1986 e avvenuti nella Trump Tower, per proseguire con la trasferta a Mosca dell’anno successivo nel corso della quale è altamente probabile che il futuro presidente degli Stati Uniti sia stato spiato dal KGB e scovato in attività imbarazzanti.

Insomma, Trump sarebbe stato lo strumento per consentire l’espansione russa su scala mondiale, spingendosi nell’area occidentale impenetrabile quando c’era ancora la divisione in blocchi. Putin ha definito il crollo dell’Unione Sovietica “la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo”.

Quella che poteva sembrare una dichiarazione nostalgica non era niente altro che l’affermazione convinta della nuova strategia imperialista della Russia che si è concretizzata nell’appoggio ai partiti di estrema destra con l’obiettivo di destabilizzare diversi Paesi europei o di condizionare l’esito del referendum inglese sulla permanenza o meno nell’Unione Europea. Il tutto dopo aver provocato un esodo epocale di profughi dalla Siria creando così le premesse per un’emergenza che ha fomentato tutti i gruppi sovranisti e le loro politiche anti immigrati. Questo, unitamente alla diffusione delle ormai famose fake news e alla guerra cibernetica, ha indebolito l’Unione Europea e ha portato a conseguenze catastrofiche, tipo appunto la Brexit.

Il libro descrive quella di Putin come una cleptocrazia basata su questa perversa commistione tra malavita organizzata e servizi segreti (il libro è dedicato alle decine di giornalisti, investigatori e dissidenti coinvolti in queste indagini e che hanno perso la vita). Il racconto, molto simile a quello di una spy-story, è appassionante ma anche inquietante. Alla fine, Unger non riesce a risolvere l’enigma: Trump è stato o meno un burattino consapevole nelle mani di Putin? Forse solo l’indagine del procuratore speciale Mueller potrà chiarire il reale coinvolgimento nel Russiagate del Presidente americano. Intanto, la lettura dell’opera di Unger può essere molto utile per comprendere il nuovo corso della politica mondiale nell’era post-ideologica e, nel nostro piccolo (anche se il libro parla per lo più d’altro), le ragioni della deriva sovranista/populista che sta vivendo l’Italia.

Forse la guerra fredda non è mai finita o, più semplicemente, si combatte con altri mezzi.

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