L’INFATICABILE GUERRIERO CARIOCA

Esistono giocatori che nascono con le stigmate dei campioni e altri che devono imporsi grazie al sacrificio e all’impegno superando i limiti fisici e tecnici. Ci sono le stelle che fanno vendere i biglietti e i gregari che fanno vincere le partite. Allan appartiene sicuramente alla seconda categoria, ma, con il tempo e la costante abnegazione, è diventato un gregario di lusso, un top player nel centrocampo azzurro, uno degli insostituibili che sopravvivono ai cambi di allenatori, moduli e al famigerato turnover ancelottiano.

Allan è ormai giocatore universale: corre, rincorre, contrasta, riparte, imposta, ragiona e, se occorre, segna pure. S’è trasformato nel Davide che metaforicamente solleva la testa di Golia, il piccoletto che sconfigge i colossi, il super eroe dalle risorse inesauribili.

L’esordio con la leggendaria maglia del Brasile è stato solo il coronamento di un percorso fantastico iniziato a Udine, proseguito sotto la guida di Maurizio Sarri e ora arrivato alla sua naturale consacrazione con Carlo Ancelotti. La stampa carioca è stata prodiga di elogi: la prestazione del centrocampista azzurro non è passata inosservata.

Insomma, a ventisette anni, Allan Marques Loureiro sta convincendo tutti, compreso il finora riluttante commissario tecnico della Seleção che potrebbe farne il perno della sua linea mediana brasiliana.

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Nel momento di entrare in campo, ho visto passare il film della mia vita”. E sicuramente, avrà rivissuto le gioie e i dolori, la meravigliosa cavalcata dello scorso anno conclusa con tanti complimenti ma senza gloria. Certamente, non avrà dimenticato le lacrime di Firenze, la delusione enorme per il grande traguardo sfumato nel rush finale di campionato.

Ora che Allan ha conquistato la ribalta internazionale, meritandosi anche le lusinghe dei dirigenti del Paris Saint Germain che hanno ammirato le sue strepitose prestazioni nelle due sfide di Champions, manca soltanto un grande trofeo per trasformare la disperazione del Franchi nel culmine della carriera. Per eliminare quel tarlo che gli rode dentro da maggio e gli moltiplica le energie e le forze in campo. In estate è stato categorico: resto a Napoli per vincere lo scudetto. Se lo dice un atleta che ha saputo andare oltre ogni impedimento, imporsi nel proprio club e in nazionale, tenere testa ad avversari più quotati, raggiungere traguardi che sembravano impossibili, o più semplicemente ribaltare il destino, c’è da credergli.

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