LA SICILIA COME METAFORA

Palermo alla fine degli anni settanta è affascinante e corrotta come una dark lady, prima seduce e poi ferisce a morte. La Sicilia diventa l’epicentro della storia italiana, il luogo da cui tutto inizia e poi si espande verso nord, dal caffè fino agli scandali come diceva Sciascia.

È proprio il metodo di analisi del grande scrittore siciliano che ha ispirato Un caffè alle mandorle (Neri Pozza) di Massimiliano Nardi (pseudonimo utilizzato dall’autore per conferire alla storia un ulteriore alone di mistero).

Il romanzo combina abilmente situazioni di fantasia con fatti di cronaca e personaggi reali, sostenuto da un ritmo incalzante e da una scrittura ben calibrata. Il capitano Perego è una rivisitazione dei tanti personaggi sciasciani in lotta contro la criminalità mafiosa. Ed esattamente come loro, è destinato a soccombere al cospetto di forze oscure e contrarie che inquinano lo Stato e le sue istituzioni.

Le quasi quattrocento pagine sono una lucida rilettura di uno dei periodi più bui e misteriosi della storia nazionale. Una lunga scia di sangue che parte da Palermo e arriva fino a Pavia dove è incarcerato colui che sembra custode di tutti questi misteri, il regista occulto di quest’intrallazzi. Un personaggio potentissimo diventato improvvisamente scomodo: Michele Sindona, condannato all’ergastolo per aver ordinato l’omicidio di Giorgio Ambrosoli.

Il caffè che profuma di mandorle e veleno è quello che gli sarà servito in prigione. Quello che forse lui stesso aveva accettato di assaggiare per tentare un ennesimo e rocambolesco colpo di scena.

La dose, tuttavia, risulta letale e il bancarottiere viene seppellito insieme a tutti i segreti che non potrà più svelare.

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