L’OMBRA DI JFK

November road di Lou Berney (HarperCollins editore) è un romanzo notevole, di quelli che sempre più raramente si rintracciano tra gli scaffali delle librerie. Don Winslow (non uno dei tanti critici nostrani che confondono la recensione con la réclame) ha detto che si tratta di uno dei migliori libri letti da molto tempo.

In effetti, l’opera di Berney è di quelle che non si dimenticano facilmente. Verrebbe da dire che ha quasi scritto il libro perfetto, non solo per l’imprevedibilità dell’intreccio ma anche per la particolare abilità nel mischiare generi e linguaggi. Il romanzo prende spunto dall’assassinio di John F. Kennedy. Siamo nel novembre 1963 e chi ha ordito il complotto è interessato a eliminare tracce, testimoni o soggetti potenzialmente pericolosi. Tra questi Frank Guidry, fedele scagnozzo del boss di New Orleans, Carlos Marcello. Guidry conosce particolari compromettenti e può far saltare il banco rivelando come Lee Oswald e Jack Ruby siano i classici specchietti per allodole. Da qui inizia la fuga verso la California con un assassino spietato alle calcagna.

Durante il tragitto, Guidry incontra Charlotte con le sue due figlie. La donna ha appena abbandonato il marito e cerca fortuna a Los Angeles. Quella che era nata come una copertura per depistare il nemico, si trasforma in una complicazione per Guidry che si affeziona a Charlotte e alle bambine.

Allora, il libro che era partito come un noir a sfondo politico, sul modello di 22/11/63di Stephen King o del JFK di Oliver Stone, svolta verso qualcosa di più intimo, di più intenso in cui l’unica possibilità di salvezza è la fuga e l’amore aggiunge sale alle ferite. Ci si dimentica di Kennedy, degli interessi torbidi che si sono mossi intorno all’attentato, dei malavitosi che minacciano l’esistenza dei protagonisti. Si attraversano territori inesplorati, percorrendo strade polverose e piombando in motel periferici degni di un quadro di Hopper. Tenendosi lontano dal sentimentalismo a buon mercato tanto caro alla narrativa contemporanea, Berney riesce a costruire un finale commovente in cui l’attesa è una condanna, la scoperta è dolorosa e alla sofferenza si può contrapporre solo la forza della disperazione che, in ultima analisi, è l’essenza stessa della vita e dell’amore.

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