BUENOS AIRES CONNECTION

Da lontano sembrano mosche dell’argentino Kike Ferrari, edito da Feltrinelli, è uno di quei romanzi così coinvolgenti che vanno letti tutti d’un fiato, senza pause. Le parole viaggiano rapide, colpiscono il lettore, lo costringono a restare incollato alle pagine. La bravura dell’autore è indubbia. Ferrari, un argentino poco più che quarantenne, non s’è fatto mancare nulla nella sua vita: è stato cameriere, fattorino, trasportatore. Ha vissuto in Texas prima di essere espulso dagli Stati Uniti per immigrazione clandestina ed è finalmente tornato a Buenos Aires dove di notte è addetto alle pulizie nella metropolitana. Mentre di giorno, si dedica alla scrittura con risultati ragguardevoli.

Probabilmente, quest’esistenza tribolata e randagia gli ha fornito la giusta ispirazione per diventare uno scrittore di razza, con una lingua potente e una narrazione che non si perde in divagazioni o descrizioni inutili. Questo romanzo breve romanzo noir è un congegno perfetto, per usare le parole di Paco Ignacio Taibo II.

La trama è esplosiva e inghiottisce il protagonista fino all’epilogo inatteso.

Le granitiche sicurezze di Luis Machi (il cui cognome non può che far pensare a Macri attuale presidente argentino), uno spregiudicato uomo d’affari che si vanta di essere un self-made man (ricorda qualcuno di nostra conoscenza?), abituato a sottomettere il prossimo e a risolvere i problemi corrompendo a destra e a sinistra, vengono sgretolate da un tragico imprevisto: nel bagagliaio della sua formidabile Bmw da duecentomila dollari trova il cadavere di un uomo sfigurato. Per una volta, deve cavarsela da solo e deve capire chi e perché vuole incastrarlo.

In quel momento, il suo mondo dorato fatto di abiti costosi, grandi firme, sartoria italiana, puttane, cocaina e soldi a palate sembra sbriciolarsi ed è costretto a mischiarsi con la desolazione e la miseria delle periferie. Intorno al rozzo e scorbutico miliardario che detesta Borges e non conosce Foucault, si muove una galleria di personaggi che ha calpestato, schiacciato, umiliato in ogni modo. Per qualcuno è arrivato il momento della vendetta tanto attesa. Arduo per Machi intuire il responsabile della macchinazione che sta provando a scalfire quell’impero economico costruito negli anni terribili della dittatura, consolidato nei decenni successivi e conservato nonostante la grave crisi finanziaria del 2001.

Insomma, Machi è una perfetta metafora che Kike Ferrari manovra abilmente in ogni sua azione e parola per descrivere le ferite aperte del suo Paese in cui l’innocenza è un lontano ricordo e nessuno può dirsi veramente innocente.

 

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