SETTEMBRE NERO

Yossef Romano era un uomo forte, un atleta, un sollevatore di pesi. Il primo di undici fratelli. Aveva pure combattuto per l’esercito israeliano durante la Guerra dei sei giorni. Forse, questo dettaglio ha avuto un peso non secondario nello sviluppo degli eventi drammatici del 5 settembre 1972. I fatti sono noti: a Monaco di Baviera all’interno del villaggio olimpico, un commando terrorista palestinese, denominato Settembre nero, fece irruzione negli alloggi destinati agli atleti israeliani. Lo scopo di quell’azione, tanto eclatante quanto crudele, era quello di ottenere la liberazione di 234 detenuti, sia palestinesi sia tedeschi (tra essi anche gli esponenti di spicco della Banda Baader-Meinhof, uno dei gruppi terroristici tedeschi di estrema sinistra più famoso e più spietato). Come si sa, il tutto si concluse con una terribile carneficina e nessun atleta riuscì a sopravvivere.

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Alcuni particolari, che sono emersi a distanza di tempo dagli eventi, sono raccapriccianti e uno di questi riguarda proprio Yossef Romano su cui il destino e i terroristi si accanirono con particolare ferocia. Nel settembre 1992, per la prima volta, le autorità tedesche misero a disposizione delle famiglie delle vittime la documentazione relativa all’assalto e alla strage. La vedova di Yossef Romano accettò di guardare le carte, le immagini, l’orrore. Così scoprì particolari abominevoli: il marito era stato torturato, in seguito castrato e, infine, lasciato morire in modo crudele, dopo che il corpo dell’atleta s’era arreso al dissanguamento e al  dolore atroce. L’agonia di Romano doveva rappresentare un monito per i suoi compagni che avevano provato a ribellarsi. I fedayn palestinesi hanno sempre sostenuto che il loro obiettivo non era uccidere gli ostaggi (“morirono solo in seguito al blitz della polizia”). Invece, i documenti smentiscono clamorosamente la loro versione. Inoltre, anche agli altri atleti, che rimasero uccisi dopo l’intervento delle forze di polizia tedesca, non erano state risparmiate né le torture nè la rottura delle ossa.

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Tutti questi dettagli mostruosi sono stati rivelati solo nel 2015 dal New York Times. Dieci anni, dopo Munich, il film di Spielberg, che raccontò, invece, della violenta rappresaglia ordinata dal governo israeliano. L’operazione segreta “Collera di Dio”, organizzata dal Mossad, per uccidere tutte le personalità legate in qualche modo al massacro di Monaco, e quindi diretta in particolar modo nei confronti degli esponenti di Settembre Nero e dell’OLP. La vendetta andò avanti per circa vent’anni, fino a quando non furono eliminati quasi tutti i bersagli. L’operazione, che ha ricevuto aspre critiche e ha suscitato parecchi dubbi di carattere etico anche tra i familiari delle vittime di Monaco, fu ulteriormente macchiata da un clamoroso scambio di persone che in Norvegia, precisamente a Lillehammer, portò all’uccisione di un marocchino che nulla aveva a che fare con il massacro del ’72.

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Insomma, si scatenò una vera e propria guerra su scala mondiale che non risparmiò niente e nessuno, neanche le persone comuni. La scintilla di tutto fu proprio il massacro di Monaco, una ferita terribile sui ventesimi giochi olimpici a cui Yossef Romano avrebbe comunque dovuto rinunciare a causa di un infortunio. Sarebbe tornato in Israele senza gareggiare. Non poteva sapere che un commando di morte si sarebbe presentato al numero 31 di ConnollyStrasse alle 4.30 del mattino, quando lui, seppure a malincuore, non aspettava altro che tornare in Patria per l’operazione al ginocchio infortunato. Le stampelle con cui provò a difendere se stesso e i compagni non potevano competere con i mitra e la barbarie degli assalitori. Aveva trentuno anni e, forse, è morto sognando di partecipare a un’altra Olimpiade.

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