STRANIERI IN PATRIA

Siamo sommersi da una marea di predicatori che, dalla loro comoda posizione di privilegiati, ci inondano di consigli, suggerimenti, esortazioni. Si travestono da salvatori della Patria indossando ora i panni degli eroi, ora dei martiri, ora dei paladini della giustizia. Guai a fargli notare se prendono una cantonata colossale, se scrivono una fesseria macroscopica, se hanno l’ennesima caduta di stile. A quel punto, inizieranno ad annoverare chi si è macchiato del crimine di “lesa maestà” nella schiera dei nemici. “O sei con me o sei contro di me”.  Cominceranno a tirar fuori l’immancabile macchina del fango. Crederanno, ancora una volta, di avere in tasca la soluzione ai problemi degli altri anteponendo il proprio narcisismo alla sostanza e alla realtà dei fatti. E tante altre volte si riempiranno ancora la bocca delle stesse parole. Ormai vuote, spogliate di ogni significato, ripetute e ripetitive, banalizzate fino alla noia.

Nel frattempo, i moralizzatori di turno, politici o intellettuali che siano, si moltiplicano e i sermoni dilagano a reti unificate. Ciò che non hanno capito, o fanno finta di non capire, è che il lavoro va avanti e una miriade di persone s’affanna a inseguirlo, non importa dove. Qualche altro romanziere illuminato pretende il riconoscimento del diritto dei ragazzi a restare in Italia fino a che ne hanno voglia. D’accordissimo. Ma con i sogni, le velleità, le illusioni né si vive né si mangia. Al massimo si campa di rendita, per chi ne ha la possibilità. Che poi quelli che se ne sono andati o che vivono e lavorano a Londra, Parigi, Barcellona, New York, oltre a possedere qualità e meriti, hanno sicuramente mostrato un coraggio fuori dal comune. Hanno abbandonato luoghi di origine, certezze, spezzato legami, estirpato radici, sfidato il destino.

Ma di quelli che, dotati di un certo talento, sono rimasti ne vogliamo parlare? Non hanno forse dimostrato una certa temerarietà anche loro? Hanno deciso di continuare a sacrificarsi in un Paese che li rifiuta, li respinge, li scaccia come cani randagi. Testardamente, continuano a sbattere la testa contro la burocrazia, l’immobilismo, l’incompetenza, l’impreparazione, il dilettantismo, le raccomandazioni, la furbizia di chi li scavalca. Versano le tasse senza ricevere in cambio nessun servizio. Sgobbano, campano alla giornata, non sanno cosa siano le ferie pagate, l’aspettativa, i certificati medici, il posto fisso e blindato. Non avranno mai una pensione ma pagheranno quella di chi gli sta fregando il futuro. Perciò, il lamento ipocrita dei sacerdoti dell’insulsaggine proprio non lo meritano.

Lascia un commento

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.

Su ↑