TRA L’INFERNO E IL CIELO

Napoli va osservata dall’alto della collina di San Martino (come in “Un angelo vero” di Pino Daniele), possibilmente girando intorno alle mura perimetrali di Castel Sant’Elmo, dove le voci, i rumori arrivano attutiti, filtrati, quasi silenziati e il caos metropolitano si trasforma in un brusio lontano, soffocato. Insomma, bisogna scegliersi un punto di osservazione insolito dal quale il bello si mescola con il marcio, la vista mare con la speculazione edilizia.

In “Non scendete a Napoli – controguida appassionata alla città” (Rizzoli editore), Antonio Pascale si traveste da drone e smonta tutti gli stereotipi, pure letterari, che vengono contrabbandati sulla città partenopea; individua nel Professor Bellavista e nella sua bizzarra galleria di personaggi, creati negli anni ‘80 da Luciano De Crescenzo, gli emblemi di un regresso culturale che s’arrende pigramente al luogo comune e s’abbondona al fatalismo.

Allora, il punto di riferimento, da cui far partire un nuovo tipo di narrazione, depurato da ogni cliché, resta sempre Massimo Troisi perché lui, con l’estro creativo che è connotato distintivo delle menti geniali, è stato il primo a far breccia nella Napoli da cartolina, rappresentata dalla pizza, dal sole e dal mandolino, ribaltando le convenzioni artistiche e introducendo una narrazione originale, non omologata, in netta controtendenza rispetto alla vulgata comune.

Il libro di Pascale, caratterizzato da una scrittura scorrevole ma allo stesso tempo pungente, è un saggio che riprende, dopo oltre mezzo secolo, seppure con un tono più leggero e ironico, le tematiche dell’intramontabile “Il mare non bagna Napoli” della Ortese. In certi momenti, l’autore strizza pure l’occhio alla Serao e a La Capria, trasformando il registro del racconto in una sorta di trattato antropologico.

Magari non tutte le tesi sostenute dall’autore possono risultare condivisibili, però quest’opera apre una riflessione profonda sul modo di veicolare l’immagine di Napoli, in particolare quella contemporanea, una metropoli con le proprie peculiarità ma anche molto simile ad altre città italiane nel momento in cui si sofferma sul passato senza una prospettiva per l’avvenire.

In definitiva, Pascale ripensa Napoli per riscriverla sottraendo l’immancabile folklore al racconto, invitando i lettori a cambiare punto di vista e a eliminare i pregiudizi, anche quelli positivi. E, per certi versi, dimostra che tanti, forse troppi, hanno scritto di Napoli ma pochi l’hanno veramente compresa e pochissimi sono riusciti a raccontarla nella sua vera essenza, senza ricorrere a sotterfugi narrativi o a scorciatoie ideologiche.

(foto di Gianluca Spera ©)

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