DAL TRAMONTO ALL’ALBA

Che i cadaveri s’abbronzino” è stato il fulminante esordio letterario di Jean-Patrick Manchette (scritto insieme a Jean-Pierre Bastid). Di recente, è stato pubblicato per la prima volta in italiano dalle Edizioni del Capricorno. Il romanzo, che risale al 1971, contiene già tutti gli elementi della futura produzione manchettiana: dal ritmo frenetico, simile a sequenze cinematografiche, al linguaggio crudo e diretto, fino allo stile freddo e chirurgico che consente all’autore di conservare il giusto distacco dalle vicende e dai personaggi. Manchette non salva nessuno: borghesi, criminali, artisti decadenti sono metafore dei conflitti sociali in incubazione che stavano per esplodere in Francia come nel resto d’Europa.

La genialità di Manchette sta proprio nell’aver costruito un genere, una combinazione perfetta di noir e poliziesco, che gli ha permesso di andare oltre la mera narrazione, sviluppando una ferocia critica politica in cui è impossibile rintracciare il classico eroe senza macchia tipico della giallistica contemporanea.

Questo romanzo, che si sviluppa dal tramonto all’alba come certe pellicole di Tarantino, ha qualcosa di hobbesiano nel momento si sofferma sulla natura umana incline alla sopraffazione, alla violenza, alla barbarie per puro istinto di sopravvivenza. È qualcosa di bestiale che ispira i gesti dei personaggi e scandisce un’intensa e inarrestabile escalation di pallottole e sangue, conducendo il lettore verso un finale in cui non possono trovare spazio né redenzione né consolazione. D’altronde, se il compito dello scrittore è quello di descrivere la realtà per quello che è, senza filtri o infingimenti, Manchette è riuscito a fare quello di cui sono capaci solo i più grandi: prevedere e anticipare dinamiche future. Insomma, aveva già intuito le tendenze autodistruttive che avrebbero caratterizzato il successivo decennio.

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