IL FANTASMA DI PÈRE-LACHAISE

Prima di lasciare Parigi, non mi resta che fare una sola cosa. Per tutto il resto non c’è più tempo, forse nemmeno la voglia. Non vale la pena correre pericoli superflui, rischiare il culo quando si è riusciti a seminare il nemico.

Tuttavia, prima di salire sul treno rapido con direzione Marsiglia, mi manca un’ultima tappa parigina. Sono arrivato a destinazione con un taxi che per dodici euro ha mi ha lasciato proprio davanti all’ingresso principale. Manca qualche giorno alla festa nazionale e la città è già colorata di blu, bianco e rosso. La retorica francese sa essere imbattibile.

Il cielo è grigio e non c’è molta luce. Vorrei sbrigarmi prima che calino le tenebre su questa giornata decisamente uggiosa, anche se piuttosto soffocante. Cammino a passo svelto, passando accanto alle tombe di scrittori, poeti, artisti senza avere il tempo e la serenità per fermarmi, nemmeno per un attimo. Mi lascio guidare dalla folla verso uno dei luoghi più visitati di Parigi. Nonostante le avverse condizioni climatiche, ci sono diverse decine di persone che circondano la tomba di James Douglas Morrison, più noto come Jim. La lapide è simile a tutte le altre, l’unico tratto distintivo è rappresentato da un adesivo con quella faccia iconica che tanto ha eccitato l’immaginario collettivo e gli ormoni femminili.

Davanti a quel pezzo di marmo scrostato, vi è un flusso continuo di gente, una processione laica, quasi festosa, che contrasta con l’austerità del luogo. C’è un piccolo fossato davanti alla lapide, nel quale le persone, oltre ai fiori, lasciano tutta una serie di oggetti: cimeli, poster, foto, dischi, pacchetti di sigarette, marijuana, hashish, anche preservativi sia nuovi che usati.

Mi faccio spazio a fatica tra la folla. Fisso la faccia del leader carismatico dei Doors per un istante poco prima che un potente scroscio d’acqua provochi il panico e renda l’aria ancor più afosa. La gente inizia a scappare in tutte le direzioni. Io non mi sposto nemmeno di un millimetro.

Resto fermo, impalato, davanti alla lapide di Morrison. Mi sento come un cavaliere nella tempesta in fuga dai miei carnefici. Eppure quella pioggia ha qualcosa di catartico, sta lavando le mie ansie, le mie paure, il tanfo dell’appartamento parigino.

Andrà tutto bene”, mi sono ripetuto per darmi coraggio.

Jim mi osserva, mi fissa e comincia a intonare una strofa di Riders on the storm.

“… There’s a killer on the road

His brain is squirmin’ like a toad

Take a long holiday

Let your children play

If ya give this man a ride

Sweet family will die

Killer on the road…”

Sono inzuppato d’acqua, i vestiti si sono attaccati al corpo. Un guardiano si sta aggirando tra le lapidi con un cappello da cowboy in testa, uno sguardo minaccioso e un rastrello appuntito tra le mani. Il sussurro di Jim mi suggerisce di riprendere la fuga e m’accompagna verso l’uscita mentre la pioggia sta cessando d’intensità.

Un’ombra invisibile mi segue, non mi molla, quasi mi perseguita.

Verrà con me fino a Marsiglia.

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