I NOTTAMBULI DI VIA ANIELLO FALCONE

Giunto alla meta, avvertì un’insopprimibile trepidazione mista a impazienza, ansia, timore. Sentiva quella come l’occasione della vita, forse irripetibile.

Sfilò il casco e si guardò intorno: nei pressi del cancello aperto che conduceva all’elegante palazzina bianca dove era stato rinvenuto il cadavere non c’era anima viva. Avanzò. Nessun movimento di poliziotti, nessuna ambulanza in vista, nessun addetto delle pompe funebri, neppure uno straccio di medico legale, un giornalista nei paraggi o una targa con il nome della società immobiliare.

Attorno, calma sospetta e silenzio rotto solo dallo scrosciare dell’acqua di una fontana sormontata da colonne e statue di leoni che, sfidando il buon gusto, occupavano il centro del cortile. Interdetto, anziché avventurarsi decise di tornare sui suoi passi ed entrare nel bar adiacente. Anche lì tutto era insolitamente tranquillo. All’interno, il titolare e un paio di avventori che bevevano rum e fissavano il fondo del bicchiere come in un malinconico dipinto di Hopper. Presentandosi, provò a chiedere informazioni. Un tipo annoiato e visibilmente alticcio gli rivelò il nome della società immobiliare, “Lupo & C. Srl”, senza aggiungere altro. Il barista sembrava ancor meno incline alla conversazione; rispose mostrando il proprio sconforto per la sconfitta della nazionale italiana, aggiungendo che aveva solo visto la partita in televisione senza notare nulla di anormale per tutta la giornata.

“Eppure il bar era aperto ininterrottamente dalle 7 del mattino − pensò Fabrizio − possibile che questo imbecille non abbia visto o sentito niente?”. Fece qualche passo guardandosi attorno: il terzo uomo, accasciato in un angolo, si era addormentato con le braccia intrecciate sul tavolo e il viso tra le mani. Tornò verso il banco. Il barista intuì che Fabrizio non era intenzionato a desistere e gli fece una smorfia. «Se non ti serve altro io devo lavorare», troncò.

Fabrizio capì che non avrebbe ricavato nulla da quella bizzarra combriccola e in particolare dal proprietario, dapprima sfuggente poi fin troppo ostile. La faccia da delinquente, le mezze parole pronunciate con tono cupo e aggressivo lo convinsero a non insistere ed evitare guai.

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(Estratto dal romanzo “Delitto di una notte di mezza estate” di Gianluca Spera – Ad est dell’equatore)

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